Un bias che può far bene alla salute

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In un contesto mondiale in cui il tempo a disposizione sembra sempre più ristretto, fermarsi e concentrarsi su ciò che tendiamo a trascurare sembra sempre più importante. Tra queste cose, c’è sicuramente l’alimentazione. Il mondo frenetico di oggi porta sempre più persone a scegliere cibi già preparati, pronti per essere consumati al momento, senza porre attenzione ai risvolti verso la propria salute che questi alimenti possono causare. In America, per quanto riguarda le donne, il tempo passato a preparare cibo è sceso da 92 a 51 minuti al giorno dal 1975 al 2006, mentre per gli uomini è rimasto stabile, ma sotto i 20 minuti. Numerosi studi hanno collegato questa diminuzione del tempo trascorso a curare la preparazione dei pasti a un rischio più alto di aumento di peso e obesità. Questa variazione ha anche cambiato la scelta degli alimenti: da un consumo di frutta, verdura e cereali integrali alla predilezione nei confronti di fast-food e cibi processati. Questo accade perché diminuisce la percezione di avere tempo o energie a disposizione o entrambe le cose.

Un particolare bias può correre in nostro soccorso. Si parla dell’effetto IKEA, ovvero quell’errore cognitivo che porta a pensare che un oggetto che si è costruito o preparato personalmente possegga più valore rispetto a qualcosa che viene ricevuto già pronto, frutto degli sforzi di qualcun altro. Nel mondo dell’alimentazione, questo effetto si declina nel fatto che una portata che viene preparata personalmente risulti più buona e più salutare rispetto a un prodotto preconfezionato e pronto all’uso. Il motivo dietro questo fenomeno può essere spiegato dal processo chiamato giustificazione dello sforzo, unito a una maggiore attenzione agli ingredienti e alle loro rispettive quantità all’interno del cibo.

Lamponi o cioccolato?

In un esperimento del 2016, condotto da Simone Dohle, Sina Rall e Michael Siegrist, è stata testata l’entità dell’effetto IKEA applicato all’alimentazione. I ricercatori volevano comprendere se ci fosse un effetto tra la preparazione di un piatto e la sua percezione e se quest’ultima fosse influenzata anche da quanto il cibo fosse salutare. I tre colleghi sostenevano che, per quanto riguarda gli alimenti salutari, la preparazione aumentasse la loro percezione positiva. Al contrario, la preparazione di cibi non salutari non avrebbe portato alcun cambiamento, in quanto una maggior consapevolezza degli ingredienti e delle loro qualità avrebbe controbilanciato l’effetto della giustificazione dello sforzo.

I partecipanti erano 120 donne, perlopiù studentesse. Dopo essere state accolte, i ricercatori hanno comunicato loro che avrebbero partecipato a una seduta di degustazione. Sono state poi divise in quattro gruppi diversi, separandole per cibo salutare/non salutare e per preparazione/alimento già pronto.

L’alimento in questione era un frappè. Le studentesse che avrebbero dovuto preparare esse stesse la bevanda hanno ricevuto la ricetta che avrebbero dovuto seguire, per poi procedere con un momento di degustazione. La versione salutare del dessert consisteva in un frappè al lampone, mentre la versione meno salutare conteneva gelato al cioccolato.

A seguito della degustazione, le partecipanti hanno compilato un questionario, che si proponeva di indagare quanto fosse piaciuto il frappè e quanto fosse ritenuto salutare, insieme ad altre domande riempitive.

Al termine dell’esperimento, i ricercatori hanno raccolto i dati. Per la versione salutare, il frappè preparato dalle partecipanti aveva ricevuto in media un voto più alto, su una scala da 1 a 100, rispetto alla versione già pronta: 86.30 contro 76.80. Al contrario, il risultato era l’opposto per il frappè al cioccolato, con 75.80 punti per la versione preparata contro gli 83.83 di quello già pronto.

Inoltre, nel caso del frappè ai lamponi, le partecipanti hanno percepito l’alimento preparato come più salutare: 74.10 punti contro 59.57. I risultati sembravano quindi confermare le ipotesi dei ricercatori.

In un contesto in cui il tempo a disposizione è sempre più ristretto, fermarsi e concentrarsi su ciò che trascuriamo è sempre più importante.

Come applicare questo effetto

Lo studio sembra confermare come preparare il proprio cibo aumenti la consapevolezza degli ingredienti all’interno dei propri alimenti. Cucinare i propri pasti, infatti, è uno dei consigli più dispensati per chiunque abbia il desiderio di porre più attenzione alla propria alimentazione. Inoltre, i ricercatori affermano che lo sforzo necessario per aumentare il proprio gradimento verso alimenti più salutari sembra essere minimo, in quanto le partecipanti avevano il compito di combinare solamente tre ingredienti (lamponi, latte e zucchero per la versione salutare, gelato al cioccolato, latte e panna per il frappè meno salutare).

I ricercatori suggeriscono che progetti pubblici per la salute potrebbero promuovere la preparazione degli alimenti in casa, fornendo alle famiglie ricette semplici e salutari per incoraggiare il consumo di pasti in casa. Inoltre, scuole e luoghi di lavoro potrebbero favorire il preparare i propri pasti direttamente sul posto, rivoluzionando le aree comuni o istruendo studenti e lavoratori sull’importanza del saper cucinare e scegliere alimenti naturali e salutari.

Alla Mount Diablo High School di Concord, California, gli studenti stanno imparando a cucinare, iniziando a servire la colazione ai propri professori. Gli studenti sono rimasti increduli di come i loro professori abbiano iniziato a perdere peso e del fatto che siano entusiasti andando al lavoro. Anche i ragazzi di quel liceo ora sentono l’esigenza di mangiare cibo più salutare e non processato durante la loro pausa pranzo, al posto di quello che viene servito loro dal servizio della mensa, che spesso è processato e/o surgelato, in quanto più economico.

I ricercatori affermano inoltre che sarebbe interessante cercare di trovare risultati simili per quanto riguarda i bambini, che spesso possono essere schizzinosi o tendere a evitare cibi che non conoscono. Nei bambini il consumo di frutta e verdura risulta molto basso. Una ricerca del 2014 però sembra dare risultati promettenti. I bambini che erano stati coinvolti insieme ai loro genitori nella preparazione del loro pranzo consumavano significativamente più insalata e pollo. Non si tratta di una novità: le pedagogie rinnovate di inizio Novecento avevano come punto focale la preparazione dei pasti in asilo con le proprie maestre. È sempre stato un vanto anche delle scuole d’infanzia reggiane, come il celeberrimo asilo Diana di Reggio Emilia. Il loro fondatore Loris Malaguzzi sosteneva che la cucina a scuola dovesse essere un laboratorio fondante delle attività dei bambini, dove ammettere giornalmente le classi per un contatto diretto con gli alimenti.

Nel mondo di oggi, che sembra spostare sempre più l’attenzione verso un’alimentazione più frenetica e distratta, in cui il tempo ha preso il posto del cibo, educare le generazioni più giovani può essere la chiave per invertire questa tendenza.

Carlo Sordini

Fonti:

  1. Dohle, S., Rall, S., & Siegrist, M. (2016). Does self-prepared food taste better? Effects of food preparation on liking. Health psychology: official journal of the Division of Health Psychology, American Psychological Association, 35(5), 500–508. https://doi.org/10.1037/hea0000315
  2. Lustig R., Fat Chance
  3. van der Horst, K., Ferrage, A., & Rytz, A. (2014). Involving children in meal preparation. Effects on food intake. Appetite, 79, 18–24. https://doi.org/10.1016/j.appet.2014.03.030
  4. Centro Internazionale Loris Malaguzzi | Reggio Children

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