Il potere della suggestione sulla memoria

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La conservazione e la rielaborazione delle informazioni all’interno della memoria umana è un processo tanto affascinante quanto complesso. Lo spazio a disposizione per i ricordi non è infinito e sarebbe velocemente esaurito se si conservassero tutti i dettagli di ogni singolo evento della propria vita. Per questo motivo, la memoria umana si concentra solo su pochi elementi, tralasciando la maggior parte delle informazioni.

Non essendo infallibile, è possibile ingannare la memoria, impiantando falsi ricordi, sfruttando l’effetto della suggestione. Questo fenomeno è un bias cognitivo che porta allo sviluppo di ricordi errati sulla base di informazioni presentate in un secondo momento. Per studiare questo effetto, Stephen Lindsay e Marcia Johnson, rispettivamente dal Williams College e dall’Università di Princeton, hanno condotto uno studio per indagare quali fossero gli elementi coinvolti in questo processo.

Tre ipotesi

In un tipico studio sull’effetto della suggestione sulla memoria, viene presentata ai partecipanti all’esperimento una serie di diapositive che rappresentano un evento, per poi dar loro delle indicazioni sbagliate riguardo la situazione raffigurata. Quando la loro memoria viene testata, i soggetti che hanno ricevuto tali indicazioni dichiarano di ricordare cose che in realtà non hanno mai visto.

Inizialmente, si credeva che le nuove informazioni cancellassero i ricordi di quelle vecchie, come se questi venissero “sovrascritti” dagli eventi più recenti. Ma la ricerca ha provato il contrario, ovvero la coesistenza di entrambi i ricordi.

Dopo questa scoperta, vi erano due principali ipotesi per la spiegazione di questo fenomeno, alle quali Lindsay e Johnson hanno aggiunto una terza:

  1. Accessibilità. La capacità dei soggetti di ricordare l’informazione originale è ostacolata dal fatto che richiamare il ricordo più recente, ovvero la suggestione, l’informazione errata, è più facile e veloce. Di conseguenza, quest’ultima è più accessibile rispetto all’informazione iniziale.
  2. Non-ritenzione. La ragione per cui i partecipanti dichiarano di ricordare un elemento che non hanno mai visto è che, in realtà, l’informazione originale non è stata immagazzinata a prescindere. Non c’è quindi un vero e proprio effetto suggestivo, ma è un ricordo che nasce in quel momento, senza modificare memorie precedenti.
  3. Controllo della fonte. Questa è l’ipotesi proposta dai due ricercatori. L’errore alla base dell’effetto della suggestione è da ricercare nella confusione riguardo la fonte che ha fornito l’informazione. In altre parole, i soggetti sbagliano inconsapevolmente nell’attribuire la provenienza di un certo ricordo, affermando di aver visto un determinato dettaglio in un’immagine, mentre quest’informazione proviene da un testo fornito dai ricercatori o dalle loro parole.

E, come confermato da altri studi, più le circostanze sono simili, più è facile confondere la fonte: sia che l’informazione originale che la suggestione riguardano lo stesso argomento, ovvero gli elementi in un’immagine da ricordare, sono entrambe presentate in un intervallo di tempo breve, nello stesso contesto e, spesso, anche dallo stesso ricercatore. Lo studio di Johnson e Lindsay è andato quindi a ricercare se fonti differenti producessero effetti di suggestione diversi.

La conservazione e la rielaborazione delle informazioni all’interno della memoria umana è un processo tanto affascinante quanto complesso.

L’esperimento

Nella prima fase del test, i partecipanti hanno analizzato la stessa diapositiva per venti secondi, che raffigurava una complessa scena in ufficio. Successivamente, tutti i soggetti hanno letto una dettagliata descrizione narrativa della scena. Metà dei partecipanti, il gruppo di controllo, ha letto una descrizione accurata, mentre il resto, il gruppo sotto effetto della suggestione, ha letto un testo che conteneva informazioni sbagliate. Per concludere, hanno svolto due questionari: un test di riconoscimento degli elementi presenti nell’immagine (sì/no) e un test di controllo della fonte (in cui veniva chiesto se l’oggetto fosse presente solo nell’immagine, nel testo, in entrambi o in nessuno).

Nel test di riconoscimento, il gruppo che aveva letto una descrizione con informazioni errate ha dichiarato di ricordare oggetti che in realtà non aveva mai visto più del doppio delle volte rispetto al gruppo di controllo (in media, 5.52 oggetti ricordati contro 2.67).

Al contrario, le prestazioni dei due gruppi erano pressoché identiche nel test di controllo della fonte. La memoria dei partecipanti, ovviamente, non era perfetta, ma il loro tasso di errore era uguale.

Questo esperimento ha dimostrato che l’effetto della suggestione può essere ridotto o eliminato, se si chiede di stabilire la fonte del ricordo, invece di indagare se un certo elemento fosse presente o meno nell’immagine.

Nel test sì/no, suggeriscono i ricercatori, i soggetti rispondono in base al grado di familiarità di un certo elemento all’interno della scena. Ad esempio, se la scena è all’interno di un ufficio, si potrà ricordare la presenza di una spillatrice, anche se questa in realtà non era raffigurata nell’immagine.

Conversamente, nel test sul controllo della fonte, i partecipanti rispondono in base alle informazioni che la loro memoria associa più al testo o all’immagine, limitando l’effetto della suggestione.

I risultati di questo studio si sono rivelati estremamente importanti per quanto riguarda l’ambito delle testimonianze forensi. Già nel 1977, uno studio rivelò che i testimoni che devono effettuare il riconoscimento del colpevole di un determinato reato sono altamente influenzati dalle foto segnaletiche mostrate loro in precedenza. Tralasciando, quindi, ulteriori fattori che potrebbero aver notato, come altezza e corporatura, e scegliendo la persona che più ricorda loro uno dei visi osservati in precedenza.

L’effetto della suggestione è quindi un esempio di bias che può portare a conseguenze catastrofiche, se non viene preso in considerazione dalle autorità che hanno il compito di proteggere la pace della società in cui si vive.

Carlo Sordini

Fonti:

  1. Lindsay, D. S., & Johnson, M. K. (1989). The eyewitness suggestibility effect and memory for source. Memory & cognition, 17(3), 349–358. https://doi.org/10.3758/bf03198473
  2. Loftus, E. F., & Loftus, G. R. (1980). On the permanence of stored information in the human brain. American Psychologist, 35(5), 409–420. https://doi.org/10.1037/0003-066X.35.5.409
  3. Brown, E., Deffenbacher, K., & Sturgill, W. (1977). Memory for faces and the circumstances of encounter. Journal of Applied Psychology, 62(3), 311–318. https://doi.org/10.1037/0021-9010.62.3.311

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